Sul palco di Identità Golose sono saliti 140 chef/relatori (e 33 a Identità Cocktail) per raccontare come cambia il mondo dell’enogastronomia. Si è parlato di memoria, ma anche di contaminazione, sostenibilità e persino di tv
di Simone Zeni
Memoria, contaminazione, sostenibilità e naturalmente tv. Sono alcuni dei focus emersi durante la quindicesima edizione di Identità Golose, l’evento che per tre giorni, da sabato 23 a lunedì 25 marzo, ha trasformato Milano in capitale dell’alta ristorazione. Il congresso internazionale della cucina ideato da Paolo Marchi e Claudio Ceroni costituisce anche il momento per captare l’innovazione, dando la parola (e il pass) agli chef che trasformano in piatti le loro sensazioni, ambizioni e la loro stessa filosofia di vita e professionale. Un concept fondato sulla ricerca, che può anche attingere al passato come testimonia lo stesso tema dell’edizione 2019 ovvero “Costruire nuove memorie”, uno spunto che ha permesso ai relatori di omaggiare i loro predecessori, come hanno fatto Andrea Berton e Davide Oldani nei confronti di Gualtiero Marchesi. E che può rompere gli schemi europei, trasformando i grilli e i vermi in croccanti snack (alla maniera asiatica) attraverso la tecnica di Giuseppe Iannotti. Senza dimenticare i temi del pairing con i cocktail, in forte ascesa, o la riscoperta della pizza come piatto nobile, passando poi per la sostenibilità, questione assai cara all’ospite internazionale Virgilio Martinez. Ma andiamo per ordine.
MEMORIE
“La memoria in cucina – ha affermato Paolo Marchi – ha diverse sfaccettature. Certamente il cibo è ricordo, ma può essere anche qualcosa da cui partire per avvicinarsi a nuove realtà, creare nuove tradizioni. Non a caso, in questa edizione di Identità Golose, si è deciso di mantenere accesa la cucina sul palco soltanto nel pomeriggio, perché la memoria non passa soltanto dal piatto ma dalla comunicazione dello stesso”. Ed ecco la memoria interpretata, fianco a fianco sul palco, da Andrea Berton e Davide Oldani, quella della loro gavetta trascorsa al ristorante Bonvesin de la Riva del maestro della cucina italiana Gualtiero Marchesi. Come a dire che per costruire nuovi percorsi è essenziale conoscere e tenere viva la propria identità, le proprie radici. Ai due allievi di Marchesi si sono aggiunti Carlo Cracco e Massimo Bottura per un omaggio ad Alain Ducasse. Il tristellato modenese, presente alla kermesse per il quattordicesimo anno di seguito, ha affermato: “In quasi 25 anni, il mio ristorante Osteria Francescana è cambiato in tante cose, con un elemento che è rimasto invariato: l’atteggiamento critico e mai nostalgico con cui filtriamo il passato. Solo così si può trasferire quanto di meglio c’è stato in precedenza verso il futuro”. Lo chef, n°1 nell’ultima classifica dei World 50 Best Restaurants Awards, è poi tornato su un argomento a lui caro: il cibo come espressione culturale. “Il ristorante è sempre più una bottega rinascimentale, un laboratorio d’idee, un hub in cui è possibile porre l’attenzione non solo sul lavoro di chi lo vive ma su quello dei casari, degli agricoltori, dei viticoltori. Da qui nasce una cultura che genera turismo”.
CONTAMINAZIONI
La creazione di nuove memorie passa inevitabilmente attraverso le contaminazioni, in ogni diversa accezione del termine. Ne è maestro Moreno Cedroni, che vede il fusion protagonista della sua proposta gastronomica, dalla salumeria ittica Anikò di Senigallia al susci bar – sì, scritto così, all’italiana – Clandestino a Portonovo. Lo chef ha presentato in anteprima al congresso il suo progetto The Tunnel, un laboratorio di ricerca e sperimentazione, di cui dice: “Si chiama così perché consiste proprio in un corridoio lungo e buio, un posto in cui sai dove entri ma non sai dove esci. Una metafora della ricerca dello chef, che non sa mai quale risultato otterrà esattamente”. Un tema fondamentale anche per Antonia Klugmann, cuoca triestina, nata dove la cultura europea e mitteleuropea si incontrano. Klugmann ha interpretato il concetto di contaminazione come importanza del ‘fattore umano’, già tema dell’edizione 2018 di Identità Golose, sempre più presente nel molto della ristorazione: “Il mio collaboratore del Ghana mi ha insegnato a utilizzare il cocco, quello siciliano mi ha trasmesso le sue conoscenze sul cedro”, ha evidenziato la chef de L’Argine a Vencò. La contaminazione naturalmente proviene da altre culture. Lo ha voluto sottolineare Giuseppe Iannotti, che stellato del Kresios, che ha preparato delle chips con grilli e vermi. Alimenti che dall’altra parte del mondo sono già tradizione, memoria e, chissà, in futuro potrebbero esserlo anche in Occidente. E se le contaminazioni di Francesco Apreda, pronto a sbarcare al The Pantheon Iconic Rome Hotel dopo aver lasciato l’Imàgo dell’Hassler Hotel di Roma, arrivano dall’India, dove ha vissuto e lavorato per anni, quelle di Yoji Tokuyoshi dell’omonimo ristorante milanese nascono dall’incontro di ingredienti italiani e tecniche giapponese. Ne è un esempio il piatto che ha preparato sul palco: Sashimi di calamari, lardo e salsa ceviche.
SOSTENIBILITÀ
Non è solo un food trend verso cui chef, produttori e consumatori guardano con interesse, ma anche una delle tematiche più delicate e attuali. Ne hanno parlato in tanti, e tra questi c’è Virgilio Martinez, chef peruviano del Central di Lima, arrivato primo ai Latin America’s 50 Best Restaurant Awards del 2014. “Oggi si parla di sostenibilità come di una mission a cui ambire, qualcosa su cui puntare con impegno e fatica. Questo è certamente vero, ma è bene ricordare che la sostenibilità è qualcosa di originario, che vive dentro le persone. Forse questo non è percettibile in una città come Lima, ma mi capita spesso di frequentare la foresta e lì le persone sanno che trattare bene la natura è un favore che fanno soprattutto a se stessi», ha spiegato Martinez.
TELEVISIONE
La tv è stato certamente un altro dei temi centrali emersi sul prestigioso palco. Talvolta guardata con snobismo nel suo rapporto con la cucina, a introdurla è stato lo stesso Marchi: “Moltissime volte, in questi anni, mi è stato chiesto cosa penso dei cuochi in tv. Ho sempre risposto che desta interesse, fa pensare in modo positivo al cibo e ha successo; quindi, al netto della sbavature che può creare, va bene. Inoltre, a chi la vive come un fenomeno relativamente recente, è bene ricordate che fu Mario Soldati nel lontano 1957, anno del suo viaggio nella valle del Po, a trattare la tematica per la prima volta nella televisione italiana”. Così, bando allo snobismo, a Identità Golose è intervenuta la conduttrice Antonella Clerici, parlando del ventennale successo de La Prova del Cuoco e sottolineando come il programma abbia avvicinato alla cucina la gente comune. Alla presenza di uno chef ormai indissolubilmente legato al piccolo schermo come Antonino Cannavacciuolo, a dedicare una lunga parentesi a Masterchef e a tutti i programmi collegati e derivati è stato Dante Sollazzo, responsabile dell’intrattenimento di Endemol Shine Italy, che ha sottolineato come questo format, nato nel 1990, abbia portato nel tempo diverse innovazioni del piccolo schermo, dall’assenza di conduttore alla fedeltà ad una filosofia che partendo dalla cucina ha toccato poi diversi programmi tv: la ‘Ordinary people doing extraordinary things under real pressure’, che significa ‘gente normale che fa cose straordinarie sotto una notevole pressione’. “È con questo programma che la cucina ha smesso di essere raccontata come un tutorial, diventando medium di riscatto per i concorrenti. Inoltre abbiamo contribuire alla diffusione del concetto di food porn, inventando così in qualche modo un nuovo lessico”, ha aggiunto Sollazzo. C’è dunque da immaginare che il rapporto tra tv ed enogastronomia, pur soggetto a cambiamenti e innovazioni, non sia certamente da considerare esaurito, come ha dimostrato la partecipazione del pasticcere Corrado Assenza, anche lui tra i relatori, al programma cult di Netflix Chef’s Table.
PIZZA E PANE
Un food trend che mai nella sua storia ha vissuto un momento di gloria come l’attuale è certamente la pizza. Il premio “piatto dell’anno” è stato così vinto dalla pizza fritta con fonduta di Grana Padano, prosciutto crudo, polvere di liquirizia e ananas firmato da Franco Pepe, un risultato impensabile fino a una manciata di anni fa. Anche le aziende espositrici hanno rilevato e cavalcato un trend, avviando per la tre giorni gastronomica collaborazioni con pizzaioli dove storicamente c’erano gli chef. Lo stesso Pepe ha preparato la Pizza Scarpetta in abbianamento ad un cocktail di Filippo Sisti, allo stand di Prime Uve, mentre Levoni ha ospitato Renato Bosco della pizzeria Saporè. Una tendenza che è arrivata fino al pane. Se allo stand di Petra – Molino Quaglia è andata in scena una carrellata di panificatori, pizzaioli e pasticceri, sul palco hanno parlato di impasto, tra gli altri, Richard Hart, titolare con René Redzepi di Har Bageria a Copenaghen, e Tommaso Cannata degli omonimi panifici di Messina e Milano.
PAIRING E MIXOLOGY
Con una sezione interamente dedicata, Identità Cocktail, l’ultimo food trend che è emerso durante Identità Golose 2019 è quello della mixology e del pairing. Sono sempre di più i ristoranti che propongono infatti di sorseggiare, assieme ai piatti del proprio menu, i drink più creativi. Tra i più sperimentali proposti durante il convegno compare quello di Valeria Margherita Mosca, esperta di foraging, che ha preparato un cocktail con Grana Padano fermentato. Domenica 24 è stato rivelato poi il vincitore del premio Birra Moretti: è Alberto Wengert, sous-chef di La Locanda del Borgo di Telese Terme. Le menzioni speciali sono invece andate a Davide Marzullo, chef de partie del ristorante The Market Place di Como, per la migliore interpretazione della birra come ingrediente, e a Giuseppe Torcasio, chef dell’Ex Trappeto di Lamezia Terme, per la migliore interpretazione della birra in abbinamento, a testimonianza di come anche biando e scure possano essere protagoniste del pairing. Una tematica, quella degli abbinamenti, a cui non sfugge nemmeno lo champagne. La Grande Dame, una delle più importanti cuvée di Veuve Clicquot, è stata accompagnata, in una sala da hoc, da piatti realizzati dalle chef più in vista del panorama nostrano, da Caterina Ceraudo a Marta Scalabrini, fino alla giovane e promettente Solaika Marrocco.