Il tribunale di Reggio Emilia ha pronunciato il provvedimento di ammissione al concordato richiesto da Ferrarini. L’azienda emiliana di salumi ha quindi ottenuto la procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, accompagnata dalla presentazione di un piano industriale teso a garantire nel lungo periodo la crescita e la salvaguardia dell’occupazione.
Il piano valutato dal giudice è frutto dell’accordo tra Ferrarini e il gruppo valtellinese Pini, intervenuto in soccorso della società reggiana con un ingresso nel capitale, per un investimento stimato in 30 milioni di euro. Il piano prevederebbe la cessione di alcuni asset non strategici e un aumento di capitale da 10 milioni garantito da Pini. Ai creditori non coperti da garanzie sarà garantito un rimborso limitato, pari al 17,5% del debito contratto da Ferrarini, e tra questi sono compresi anche i sottoscrittori delle due obbligazioni emesse nel 2015 e nel 2016 per 35,5 milioni di euro, entrambi gestiti all’epoca da Banca Popolare di Vicenza.
La società di Reggio Emilia si è impegnata a garantire continuità occupazionale senza nessuna delocalizzazione produttiva, e l’alleanza con Pini le permette di tenere a battesimo la nascita di “un progetto di filiera unico nel settore, che permetterà di affrontare i mercati globali e consentirà alla Ferrarini di poter crescere grazie ad un investitore strategico con la capacità di supportare la produzione”, si legge in una nota aziendale.
Il Tribunale reggiano ha anche confermato Stanzani Maserati come giudice delegato e Bruno Bartoli in veste di commissario giudiziale.
Il gruppo Pini è stato fondato nel 1982 in Valtellina e dopo essersi imposto sulla scena come produttore di Bresaola, dal 1994 è entrato nel business della macellazione e lavorazione di carne suina, conquistando la leadership in Italia per espandersi contemporaneamente all’estero con stabilimenti in Ungheria, Polonia e Spagna, per un fatturato consolidato di oltre 1,6 miliardi di euro. Ferrarini invece nel 2017 aveva dichiarato ricavi per 335 milioni di euro, ma nel suo bilancio pesavano 250 milioni di indebitamento, di cui 112 milioni a carico della società operativa e il resto distribuito tra società agricole e holding varie.