I cambi pesano sui conti annuali di Campari. Il gruppo milanese degli spirits mette a segno una crescita organica del 5,3%, che però si traduce in una flessione del 2,4% del fatturato 2018 tenendo conto degli effetti cambio e perimetro. L’esercizio 2018 si chiude pertanto con un giro d’affari di 1,71 miliardi di euro, contro gli 1,75 miliardi dell’anno fiscale precedente, con un ebit rettificato di 378,8 milioni (contro 380,5 del 2017) e con un utile netto rettificato di 249,3 milioni, in crescita del 6,8% rispetto ai 233,4 dell’anno precedente. La società precisa che la crescita organica dell’ebit, calcolata al +7,6% tenendo conto degli elementi valuta e dismissioni, è superiore alla crescita delle vendite, con un’espansione organica della marginalità operativa di +50 punti base, “più che compensando i reinvestimenti di profittabilità in attività di brand building e potenziamento delle strutture commerciali on-premise”, si legge nella nota di Campari Group.
Il CEO di Campari, Bob Kunze-Concewitz, si dice soddisfatto della crescita organica e dell’espansione della marginalità evidenziate dai conti del 2018. Per l’anno in corso, le prospettive sono bilanciate in termini di rischi e opportunità, in un contesto caratterizzato da persistente incertezza macroeconomica e volatilità delle valute, in particolare nei mercati emergenti. “Prevediamo che l’attuale trend favorevole della performance organica del business possa proseguire, mentre continuiamo a fronteggiare le sfide provenienti dall’aumento del prezzo d’acquisto dell’agave. Nonostante ciò, rimaniamo fiduciosi circa il conseguimento di una performance positiva nel 2019 per i principali indicatori organici, trainata dalla continua sovra performance dei principali brand a priorità globale e regionale a elevata redditività nei mercati chiave del gruppo”, ha sottolineato l’amministratore delegato.
Andando nel dettaglio dei conti, l’area Americhe cede il 5% prevalentemente a causa dei cambi, che pesa per il -7,2%, ma si conferma determinante con gli Stati Uniti in prima posizione tra i mercati di destinazione e in grado di generare il 26% delle vendite totali e con una crescita a doppia cifra dei marchi Espolòn, Aperol e Campari. L’Italia, da cui dipende il 20,8% delle vendite, cresce del 3,6% con gli aperitivi: Aperol vola a due cifre (+15,3%) e Campari conferma il trend con il 7,4% in più sul 2017. Le vendite in Nord, Centro ed Est Europa (21,0% delle vendite totali) hanno mostrato una crescita totale di +3,4%, con una variazione organica di +6,2 percento. Male la Russia, dove i risultati positivi dei “soliti” Aperol e Campari, a cui si aggiunge anche l’ottima performance dei vini Mondoro, non compensa il crollo dei prodotti a marchio Cinzano. In generale, i brand a priorità globale (55,8% del fatturato complessivo) crescono a livello organico del +8,9% con Aperol diventato primo marchio assoluto grazie a una crescita di oltre il 28 percento.