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Vino, l’e-commerce non è wonderland

13 Feb 2019 Andrea Guolo

Vino, l’e-commerce non è wonderland

Il dato britannico sostiene gli acquisti online di vino in Europa. Secondo lo studio pubblicato da Rabobank, l’e-commerce pesa mediamente per il 4% delle vendite complessive, ed è il risultato di una media che tiene conto sì dell’elevata propensione agli acquisti digitali nel Regno Unito, pari al 10% del totale, ma anche di uno scarsissimo peso in altre nazioni europee. I fanalini di coda in particolare sono la Svizzera e la Finlandia, entrambe posizionate attorno all’1 percento. L’Italia staziona nella parte bassa della classifica, con un’incidenza media del 3%, mentre subito dietro la Gran Bretagna si posizionano il Belgio e l’Irlanda.

Lo studio di Rabobank evidenzia però che in una fase di calo dei consumi continentali, con un -5% in quantità nel periodo compreso tra il 2010 e il 2017, la vendita di vini tramite internet è cresciuta del 66% partendo però chiaramente da zero o poco più. Intanto i produttori hanno cercato di superare l’iniziale scetticismo. “I benefici non mancano – afferma Maria Castroviejo, senior beverages analyst di Rabobank – ma gli operatori, per intercettarli, devono saper attrarre i clienti e investire in una tecnologia adeguata e nel data management”.

Tra i principali operatori dell’online, lo studio mette in luce il ruolo ancora trainante della grande distribuzione, citando i casi di Carrefour, dell’olandese Albert Heijn e della britannica Tesco, per poi soffermarsi sugli specialised shops (Lavinia, Gall & Gall, Nicolas) e sugli operatori locali indipendenti. Altri player storici come i cataloghi e i wine club come Vinoselección o come Club Français du Vin hanno sposato la causa dell’online, spesso abbandonando il loro antico modello di business. Sono invece le cantine, pur disponendo quasi tutte di un sito internet, a non credere nell’investimento diretto; così preferiscono affidare le loro bottiglie agli specialisti del commercio elettronico, che stanno fiorendo nel mercato sotto forma di start-up nei loro diversi modelli. Da quelli su abbonamento (My Vitibox, Le Petit Ballon) alle aste (iDealwine), da quelli fondati sulla convenienza economica (Wijnvoordeel) alle origini specifiche (Vinissimus) fino alle piattaforme che coprono territori delimitati con il vantaggio del risparmio di costi e tempi di consegna (Virgin Wines, Wine in Black, Belvini). In particolare, si stanno rafforzando quelle piattaforme che operano come intermediari virtuali tra consumatori e produttori, e tra queste spiccano Uvinum e Winebuyers. Un altro modello è quello esperienziale di applicazioni che non si limitano a vendere il vino, ma organizzano anche winetasting in chiave social, favorendo relazioni personali tra consumatori e appassionati.

Le conclusioni di Rabobank sono le seguenti. Le vendite online continueranno a guadagnare quote di mercato rispetto a quelle tradizionali, ma il mercato inizia ad apparire saturo e al rafforzamento dei player più dinamici si contrapporrà l’uscita di quelli più deboli. Le formule, in sostanza, sono già troppe e si profila un alto grado di concentrazione.

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