Il 2018 è stato un anno di salutare consolidamento per Loacker. Il marchio altoatesino leader dei wafer ha archiviato l’esercizio con un giro d’affari consolidato pari a 324 milioni di euro, in linea con il 2017 e con un budget prefissato in termini ottimistici in linea con una fase caratterizzata da crescite importanti con il contributo di un fatturato internazionale che si è avvicinato ai 180 milioni di euro.
“Siamo ormai presenti in oltre cento mercati mondiali – racconta a Pambianco Wine&Food il managing director retail di Loacker, Ulrich Hofer – e se in alcuni la situazione è ‘ballerina’, in altri stiamo crescendo in maniera brillante: penso all’Australia, a tutto il Nordamerica, a realtà asiatiche importanti come Sud Corea, Tailandia, Filippine, Indonesia e, in Europa, alla Gran Bretagna dove le vendite non hanno subito conseguenze negative dal caos post referendum”.
Il primo mercato estero per Loacker è l’Arabia Saudita, davanti a Israele e agli Stati Uniti, dove il gruppo dispone dal 2014 di una filiale, Loacker Usa, con una scelta effettuata in deroga alla regola che la famiglia Loacker, proprietaria in toto della società, ha fissato per lo sviluppo internazionale: patto d’acciaio con i distributori locali a prescindere dal livello di fatturato raggiunto. Le eccezioni sono costituite dal mercato Italia e da quello dell’area tedesca e infine dagli Stati Uniti perché, spiega Hofer, “negli Usa non avevamo trovato il giusto distributore e allora la società ha deciso di muoversi direttamente”. Anche la Cina sta guadagnando posizioni e oggi rappresenta la sesta destinazione dei prodotti Loacker, subito dietro l’Australia. In Arabia e negli Emirati, le partnership proseguono da 40 anni e l’azienda non ha alcuna intenzione di sostituirsi ai partner perché, sottolinea Hofer, “nessuno più di loro conosce bene quei mercati”.
Se nel 2018 Loacker ha preso un po’ fiato, già quest’anno la marcia dovrebbe ripartire in maniera brillante. In linea con le crescite medie conseguite negli ultimi 5 anni, sostiene Hofer, che cura in prima persona il piano di espansione a livello retail: attualmente sono nove i negozi a marchio Loacker di cui cinque a conduzione propria in Italia, un franchising sempre in Italia, due in Austria e uno a Dubai. In previsione ci sono dieci nuove aperture in Europa nell’arco del triennio e una crescita più spinta negli Emirati Arabi, progetto affidato al partner commerciale locale. “La strategia retail – afferma il manager – prevede tre modelli di store: Express, studiato per gli aeroporti e le aree di transito, Basic per stazioni e mall, Flagship per i centri storici. Negli aeroporti dovremmo iniziare a entrare dal 2020, a seconda degli spazi e dei prezzi che valuteremo, facendo molta attenzione a non metterci in concorrenza con i duty free dove siamo già presenti”.
Tra gli investimenti in atto spicca la realizzazione di un impianto di essiccazione per il latte raccolto tra le valli dell’Alto Adige. “Lo stiamo costruendo in val Pusteria. Il latte in polvere è una delle cinque materie prime fondamentali per la preparazione dei wafer e nel 2014 abbiamo lanciato un piano di filiera integrata, necessario per allineare le forniture ai nostri standard qualitativi e per le garanzie che dobbiamo offrire ai consumatori finali dei nostri prodotti, che peraltro sono tutti certificati halal e kosher. Inoltre, in questo modo supportiamo l’economia locale e riduciamo i costi di trasporto con le relative emissioni di sostanze inquinanti. E la nostra azienda è particolarmente attenta alle questioni ambientali”.
Loacker è sempre cresciuta in maniera organica, senza effettuare acquisizioni. E, pur essendo stata più volte corteggiata, la famiglia non ha mai accettato le offerte mirate all’ingresso nel capitale da parte di soggetti esterni. Una realtà ‘vecchio stile’, che può permettersi di operare in autofinanziamento senza dover fare follie ma realizzando investimenti cospicui, come quello portato a termine nel Tirolo austriaco per la realizzazione del suo secondo sito produttivo, che oggi le permette di poter aumentare la produzione fino al 50 percento. “L’azienda è sanissima – conclude Hofer – ed è sempre riuscita a realizzare i suoi propositi”.