È internazionale, concreta, trade oriented. Aumenta il numero degli estimatori della fiera tedesca e la sfida, in prospettiva, sarà quella di conquistare metri quadrati.
A Prowein ci si va anche per la Germania. La fiera del vino di Düsseldorf continua a crescere perché si tratta dell’unico appuntamento veramente internazionale d’Europa, se non a livello mondiale, per il settore vitivinicolo. Se Vinitaly è la manifestazione di riferimento per il made in Italy, e se Vinexpo resta inevitabilmente legata alle grandi produzioni d’oltralpe, la kermesse tedesca è l’occasione per incontrare il mondo, dai produttori dei Paesi meno conosciuti dell’est Europa fino ai colossi vinicoli dell’emisfero australe, tutti raggruppati in nove padiglioni.
SPAZIO VITALE
In questo metaforico giro del mondo tra i vigneti, inizia a porsi un problema di spazi: chi c’è vorrebbe crescere, chi non c’è vorrebbe entrare, nessuno vuole disdire né ridurre la superficie occupata. Spetta a Messe Düsseldorf, che per ora non sembra aver intenzione di aprire altri padiglioni disponibili (ma non è detto in futuro non lo faccia), trovare una soluzione per soddisfare la lunga lista d’attesa. “Dispiace lasciar fuori le aziende del nostro territorio che vorrebbero aggiungersi”, afferma Giacomo Pondini, direttore del Consorzio del Brunello di Montalcino, a testimonianza del paradosso vissuto da una delle più prestigiose denominazioni europee, costretta a dir di no ad alcuni suoi consorziati perché, negli 800 metri quadrati ottenuti come progetto regionale della Toscana, convive con i consorzi del Chianti Classico, del Nobile di Montepulciano, della Maremma, della Vernaccia di San Gimignano e altre ancora. E non va meglio tra i gruppi di aziende, come ad esempio Iswa, Istituto Grandi Marchi o Italia del Vino, a cui aderiscono alcune tra le più grandi realtà dell’Italian wine e che a ogni edizione sono costrette a estenuanti trattative per guadagnare centimetri. Tutto questo a testimonianza di una fiera in piena salute, con 6.870 visitatori nell’ultima edizione (+255) e con 1.500 compratori in più rispetto al 2017, per un totale di oltre 60 mila ingressi. Peraltro, a Prowein, i termini visitors e buyers sostanzialmente coincidono, perché la forza della manifestazione tedesca è proprio nella sua rigida selezione, nel suo essere 100% trade oriented. Secondo gli organizzatori, oltre il 70% dei visitatori era composto da esponenti di top o medio management.
TEDESCHI E NON
“Il nostro principale obiettivo è crescere all’estero e per riuscirci, un’azienda come la nostra non può esporre solo a Vinitaly”, spiega Alessandro Marchionne, amministratore delegato di Genagricola, la società controllata dal gruppo assicurativo Generali sempre più attiva nel mondo wine, con circa 4 milioni di bottiglie prodotte nel 2017 e un tasso di crescita nell’export pari al 22% nell’ultimo anno. L’obiettivo è di arrivare alla parità tra mercato interno ed estero nell’arco dei cinque anni, partendo da un 65% Italia, ma se continuasse con questo passo, Genagricola potrebbe impiegarci meno. Un contributo lo sta offrendo anche la nuova gamma dei rossi veronesi realizzati in Valpolicella con Costa Arente, una delle 10 tenute (di cui 9 in Italia e 1 in Romania) dove la più estesa azienda agricola italiana opera nell’ambito vinicolo. La Germania è il primo mercato estero, davanti agli Stati Uniti. Il 65% della produzione wine di Genagricola è legato al Prosecco, il 35% ai vini fermi bianchi e rossi. Il mercato tedesco, dominato da logiche di prezzo, è tra i più complessi per le aziende vinicole ma resta pur sempre il primo in Europa per quantitativi importati, poiché la produzione interna c’è – basti pensare ai grandi vini bianchi della Mosella – ma non è sufficiente a soddisfare la richiesta di un Paese da oltre 80 milioni di abitanti. “Per la nostra denominazione, l’Europa assorbe complessivamente il 30% dell’export – afferma Pondini per il Consorzio del Brunello di Montalcino – ed è più o meno pari agli Stati Uniti. La Germania rappresenta un mercato di riferimento ma negli Usa facciamo meno fatica a ottenere il giusto riconoscimento di prezzo, considerando la nostra qualità e l’attesa di cinque anni dalla raccolta alla vendita”. Ed ecco allora che le aziende del Brunello frequentano Prowein per ottenere qualche contatto tedesco in più, ma soprattutto per intercettare i buyer in arrivo dall’Asia e dagli Stati Uniti. Diverso il caso di Valdo, leader del Prosecco Superiore docg, che con il suo Prosecco spumante ha una quota di mercato in Germania prossima al 30% e per cui Berlino vale il 15% del fatturato complessivo. L’azienda presieduta da Pierluigi Bolla dispone di una società controllata per il mercato tedesco e utilizza la fiera di Düsseldorf per rafforzare di relazioni con la clientela seguita durante l’anno in Germania. “Prowein è internazionale esattamente come lo è Vinitaly – dichiara Bolla – con la differenza che questa manifestazione richiama più espositori esteri perché i tedeschi comprano i vini esteri mentre gli italiani no. E quindi la Germania, pur essendo un produttore di vino, è tra i principali mercati mondiali del wine”. Anche la data ha la sua importanza… “Prowein cade in un momento determinante, subito dopo le anteprime ma ancora in tempo per programmare il lavoro da mettere in pista nell’anno in corso”, sottolinea Pierangelo Tommasi, executive director della Tommasi Viticoltori e appartenente al gruppo Tommasi Family Estates, presente a livello produttivo con sei brand in cinque regioni italiane e con un giro d’affari di 28 milioni nell’anno appena concluso. “Ma da veronese mi fa arrabbiare chi critica Vinitaly dicendo che Prowein è la perfezione… A Verona faccio business esattamente come a Düsseldorf. Inoltre, negli ultimi anni, Vinitaly è cresciuta tanto sia con le iniziative fuori fiera sia in termini di selezione, visto che noi produttori finalmente abbiamo capito che occorreva darsi una regolata con la distribuzione degli inviti…”.
di Andrea Guolo