Si chiude oggi Vinitaly, dopo tre giorni particolarmente intensi per affluenza di pubblico. È forse presto per comprendere se la volontà da parte di Veronafiere di ridurre gli ingressi alla grande mostra del vino abbia ottenuto l’effetto desiderato, ma l’impressione è che l’affollamento del lunedì e del martedì sia dovuto alla presenza di professionisti e non di appassionati; questi ultimi hanno invece mantenuto un certo peso, almeno apparente, nel corso della domenica, confermato quale giorno più critico per la fiera veronese. Resta un fatto: la selezione agli ingressi sta funzionando e il Vinitaly attuale dista anni luce, per qualità di organizzazione e livello delle presenze, dalle edizioni confuse di qualche anno fa. La confusione maggiore, in questi giorni, è stata semmai creata da alcune visite di politici che hanno utilizzato la manifestazione come momento di esposizione mediatica, centrando il proprio obiettivo ma togliendo valore, invece di conferirne, a Vinitaly.
In evidenza i nuovi trend per il consumo di vino nei principali mercato mondiali. Oltre al fenomeno dei rosé negli Stati Uniti, si conferma il predominio dei bianchi fermi in Germania, dei rossi in Cina, Russia e in Giappone, mentre gli spumanti sono previsti in crescita tra i consumatori di Regno Unito, Giappone e Russia. Ma la vera sfida, secondo la ricerca effettuata da Vinitaly-Nomisma Wine Monitor presso i manager di 12 tra i principali gruppi vitivinicoli italiani, sarà quella di entrare con prodotti a marchio green (bio o sostenibili), vera leva del mercato dei prossimi anni. Questo trend sarà predominante nei mercati storici (Germania, Usa, Regno Unito e Giappone), e sulla fascia premium (oltre i 20 dollari a bottiglia) che contagerà ulteriormente gli Usa e gli emergenti Russia e Cina. È inoltre positivo il sentiment per gli autoctoni, che dovrebbero essere apprezzati soprattutto in Giappone, Russia e Stati Uniti.
In prospettiva, secondo le 12 aziende top player, l’Italia del vino riuscirà ad accrescere le proprie quote di mercato specialmente in Russia, Cina e Giappone, con una buona ripresa delle vendite anche in Germania, mentre sono timide le aspettative su un incremento delle quote di mercato italiane negli Stati Uniti contrariamente alle francesi, che dovrebbero trarne vantaggio. Quanto alla Cina, dopo l’Australia che crescerà più di tutti, anche il Cile e l’Italia approfitteranno del rallentamento dello storico market leader, la Francia. In Gran Bretagna saranno ancora i francesi a comandare, mentre i vini del Belpaese si faranno largo assieme a quelli neozelandesi, che sfrutteranno l’effetto della Brexit.
Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, “Serve puntare sempre più verso una crescita qualitativa dell’internazionalizzazione del vino made in Italy. Una crescita da pianificare assieme alle istituzioni che non può prescindere da un presidio quotidiano sui 5 continenti”.