Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere e Vinitaly, lancia l’allarme: l’Italia del vino è troppo concentrata sul mercato europeo.
Prendendo spunto dai dati definitivi sull’export 2017, che confermano il raggiungimento del nuovo record commerciale per il settore con un fatturato estero di 5,9 miliardi di euro (+6,2%), il numero uno della società fieristica dove tra un mese esatto si aprirà la kermesse del vino afferma: “Questo risultato non rende ancora giustizia alla grande qualità delle nostre produzioni. Cresciamo più nella qualità in vigna e in cantina che nel valore sui mercati”. E la causa di tutto ciò viene individuata nella eccessiva concentrazione in alcuni mercati. E se in vetta alla classifica dell’export si confermano gli Stati Uniti, dove l’Italia è cresciuta poco e sicuramente meno dei francesi che ci hanno tolto il primato, il secondo e terzo posto è occupato da due realtà europee, Germania e Gran Bretagna. La Germania in particolare, per quanto solido, non è certo il mercato più dinamico nel panorama internazionale per il wine business, ma Mantovani pone l’accento su un fatto: “Il nostro export rimane pericolosamente ancorato sui primi tre Paesi di sbocco, dove si registra un indice di concentrazione delle nostre vendite del 53,4%, molto più di Francia e Spagna che allo stesso indice si fermano rispettivamente al 38,5% e 35,2%”.
Ed è proprio per accompagnare le aziende italiane a crescere in tutti i mercati, ottenendo così una riduzione di tale indice, che al prossimo Vinitaly verrà presentato uno studio condotto assieme a Nomisma Wine Monitor sui trend a 5 anni dei top buyer mondiali di vino e su un approfondimento dedicato agli Usa.
Secondo le elaborazioni di Vinitaly-Nomisma su base dati ufficiali dei diversi Paesi produttori, l’anno scorso si è chiuso con un nuovo record in valore dell’export mondiale di vino – oltre 31 miliardi di euro – con i principali player in grande crescita. Nella classifica per performance anno su anno vince l’Australia (+15,1% per un controvalore di 1,8 miliardi di euro), seguita dalla Francia (+9,9%, 9,1 miliardi di euro), dalla Spagna (+6,5%, 2,8 miliardi di euro), dal Cile (+6,3%, 1,8 miliardi) e dall’Italia (+6,2%, 5,9 miliardi di euro). I produttori italiani si sono difesi soprattutto grazie agli spumanti, che sono aumentati del 13,6% raggiungendo un giro d’affari estero di 1,4 miliardi di euro, mentre i fermi imbottigliati hanno limitato la progressione fermandosi al +4,4% per un controvalore di 4,2 miliardi di euro.
Nel confronto in valore tra Italia e Francia, prevale nettamente la concorrenza transalpina. Analizzando le due aree chiave per le esportazioni, Usa ed Asia, gli Stati Uniti si confermano il principale importatore mondiale e nel 2017 hanno aumentato gli acquisti dalla Francia del 14,3% per un totale di 1,6 miliardi di euro, mentre l’Italia è cresciuta del 3,6% a 1,4 miliardi di euro; quanto all’Asia, la distanza è siderale con 2,45 miliardi di euro per i francesi (27% delle vendite globali transalpine) e appena 419 milioni di euro per l’Italia (7%).