Per la prima volta, in Gran Bretagna il giro d’affari degli spirits supera quello delle birre, grazie al boom del gin che da solo vale il 30% dei consumi, per oltre un miliardo di sterline. Ad affermarlo è WSTA (Wine and spirits trade association), documentando un incremento annuale dei superalcolici pari al 7% per un controvalore di 3,38 miliardi di sterline, equivalenti a 3,86 miliardi di euro al cambio attuale, contro i 3,32 miliardi originati dal consumo di birra, cresciuta soltanto dell’1 percento. In vetta alla classifica resta il vino, in progresso del 5% per un valore complessivo di 4,17 miliardi di sterline.
Il CEO di WSTA, Miles Beale, teme tuttavia che l’aumento della tassa sulle bevande alcoliche pari al 3,9% introdotta a marzo dal governo possa bloccare i progressi dei consumi di spirits. “Il 7% in più del 2016 è il risultato del taglio o del blocco delle imposte effettuato in passato, permettendo alle aziende di investire per crescere. Ora i prezzi sono aumentati di circa 30 penny a bottiglia, una mossa spiazzante per le imprese”. Beale teme che ora gli investimenti aziendali possano essere rallentati.
Un altro aspetto delicato per i consumi britannici è legato al prezzo dei vini, cresciuti del 3% negli ultimi dodici mesi come conseguenza della Brexit e della svalutazione della sterlina, raggiungendo una media di prezzo a bottiglia di 5,56 sterline, la più alta di tutti i tempi. A pesare, anche in questo caso, sono le tasse all’import, che valgono mediamente 2,16 sterline a bottiglia per arrivare a 2,77 nel caso degli spumanti. La nazione da cui la Gran Bretagna importa più spumanti è l’Italia, cresciuta del 12% lo scorso anno per raggiungere una quota pari al 55,7% del totale, davanti alla Francia (20,2%) e alla Spagna (+15%). Gli spumanti domestici, seppur in crescita, non superano il 2,3% della vendita totale, mentre quelli australiani sono in ripresa con il +8% nel corso del 2016 per un totale di 3,5 milioni di bottiglie.