Il 2016 del gruppo Santa Margherita è stato un anno da ricordare. E non soltanto per la crescita high double digit centrata per fatturato e redditività, ma anche per una serie di decisioni prese o concretizzate dalle quali dipenderà il consolidamento dei prossimi esercizi, a partire dall’anno in corso.
I dati raccontano di un incremento delle vendite pari al 32,9%, per un giro d’affari comprensivo della controllata Ca’ del Bosco che sale dai 118 milioni del 2015 ai 157 milioni dell’esercizio chiuso lo scorso 31 dicembre. Ancor più rilevante è la crescita della marginalità misurata in ebitda per un valore complessivo che sfiora i 55 milioni di euro, pari al 34,5% del fatturato totale.
Il principale volano di questo balzo sono gli Stati Uniti, dove nel 2016 è entrata in piena attività la controllata Santa Margherita Usa, con sede a Miami, a diretto contatto con i distributori sul territorio americano e assumendo nel corso dell’anno anche la gestione del main brand Santa Margherita, che per gli americani è innanzitutto sinonimo di pinot grigio, il vino bianco fermo più apprezzato negli States. L’obiettivo ambizioso dei 100 milioni di dollari fissato dal gruppo alla presentazione della filiale è stato quasi raggiunto al primo anno: 97 milioni incassati soltanto negli Usa, per un’incidenza di oltre il 50% del fatturato totale.
“Il sistema Santa Margherita sale non solo di dimensione – spiega a Pambianco Wine l’amministratore delegato Ettore Nicoletto – ma anche nel livello di organizzazione commerciale, con grandi e ulteriori opportunità di crescita in quello che è già il primo mercato mondiale per il vino in generale e il primo nostro mercato come gruppo. Alla fine del 2016 abbiamo completato uno screening dei nostri distributori, prendendo decisioni che esternamente possono sembrare azzardate, ma che abbiamo ritenuto fossero giuste nell’ottica di una strategia a medio/lungo termine”. In sostanza, ai principali distributori americani è stato chiesto di immaginare cosa potesse essere Santa Margherita tra cinque anni. Sulla base dei progetti presentati, il consiglio di amministrazione del gruppo controllato dalla holding Zignago (che fa capo a un ramo della famiglia Marzotto) ha scelto le soluzioni più in sintonia con la sua filosofia commerciale. “Gli assetti per gli States sono cambiati – sottolinea Nicoletto – e contrariamente a quanto accadeva fino allo scorso anno, oggi meno del 25% del business americano dipende dal nostro principale distributore. Di conseguenza, non solo abbiamo limitato il rischio redistribuendo le quote tra i dealer, ma la scelta è ricaduta sulle società che hanno come focus principale il vino e non gli spirits”.
Per fine anno, la crescita messa a budget dal gruppo è del 7%, pari a un turnover di circa 170 milioni di euro. “Gli Usa restano il driver principale, con un incremento di fatturato previsto appena al di sotto della doppia cifra”, conclude Nicoletto.