Due giorni prima dell’apertura ufficiale dei nuovi domini .wine e .vin, giunta il 20 gennaio, il Prosecco Doc aveva già attivato i suoi siti prosecco.wine e prosecco.vin. In questo modo il consorzio della più grande denominazione enologica italiana, che comprende nove province tra Veneto e Friuli, si “appropria” del termine che nel dominio .it appartiene invece all’altro consorzio, quello della Docg Conegliano Valdobbiadene (www.prosecco.it), mentre la doc aveva scelto la più complessa “discoverproseccowine”. I nuovi domini sono stati recentemente approvati da Icann, l’ente di autoregolamentazione della rete, dopo un lungo e complicato processo durante il quale la Commissione Europea aveva fatto pressioni sulla stessa Icann, società privata di diritto californiano, affinché le indicazioni geografiche fossero tutelate dal rischio di contraffazioni e usurpazioni. Stefano Zanette, presidente del consorzio Prosecco Doc, esprime la propria soddisfazione. “Siamo orgogliosi – afferma – di essere i primi in Italia e tra i primissimi al mondo ad aver registrato la denominazione nei domini .wine e .vin garantendo in tal modo il nostro marchio a livello internazionale. Un’azione determinante per tutelare le nostre produzioni e soprattutto il consumatore”. Oltre al Prosecco Doc, le altre prime denominazioni ad aver registrato i nuovi domini sono Champagne, Porto e Sherry. Intanto si è aperto il dibattito attorno alle prospettive di aumentare il numero di ettari coltivati a uve Glera, da cui viene ricavata la bollicina italiana più bevuta nel mondo, per soddisfare la “sete” di Prosecco. Il possibilismo manifestato dal consorzio con sede a Treviso si scontra con la contrarietà di Fivi, federazione dei vignaioli indipendenti che conta circa mille produttori, il cui consigliere Luca Ferraro (la cui azienda si trova ad Asolo, nei colli trevigiani) ha dichiarato al sito de Il Sole 24 Ore: “Questa rincorsa ai mercati non può che andare a discapito della qualità: i nuovi vigneti saranno necessariamente piantati, per lo più, in zone meno vocate”.