Il 2014 è stato l’anno del whisky. Secondo l’analisi dell’istituto di ricerca Iwsr, la crescita mondiale dei consumi di distillato di malto ha permesso al settore dei superalcolici di contenere la perdita entro lo 0,1% rispetto al 2013, causata in parte da un declino generale dei cosiddetti local spirits, i prodotti locali che si contrappongono a quelli d’importazione, e in parte dal forte calo che ha caratterizzato le vendite di cachaça in Brasile e di vodka in Ucraina. Quanto al whisky, bourbon compreso, da solo ha più che compensato le mancate vendite dei local spirits in tutto il mondo, facendo segnare i maggiori tassi di crescita tra India, Stati Uniti e Angola. Europa e Americhe sono caratterizzati da un consumo sempre più orientato ai prodotti d’importazione, la cui crescita procede però a passo rallentato rispetto al 2013: in Europa, oltre al whisky, ha performato molto bene il gin. Africa e Medio Oriente sono invece le aree caratterizzate dalla maggior crescita percentuale del consumo di spiriti, che hanno garantito risultati positivi anche con i prodotti locali, e si pongono come regioni chiave per prospettive future e investimenti commerciali in atto. Per quanto riguarda i vini, aggiunge Iwsr, il consumo di bottiglie d’importazione resta piatto e intanto quello di vini locali perde l’1,5%, spingendo il mercato nel suo complesso a un calo dell’1,1 per cento. Perde quota anche la birra, mentre sono in crescita sidro (popolare soprattutto in Gran Bretagna) e drink misti.