A Forte dei Marmi hanno sfilato le stelle del vino italiano, riunite ieri per la prima edizione di Vinovip al Forte, organizzata dalla rivista Civiltà del Bere. Al debutto in ambientazione versiliana dell’evento biennale tradizionalmente in scena a Cortina d’Ampezzo hanno partecipato alcuni tra i nomi più importanti della produzione enoica made in Italy, da Antinori a Marchesi di Barolo, da Mastroberardino a Zenato, Masciarelli, Tasca d’Almerita e altri ancora. Ma l’intervento più atteso era quello di Angelo Gaja, che non ha deluso le attese della platea lanciando un accorato appello alla categoria per l’aumento del valore medio dei vini italiani. Il re del Barbaresco è inoltre tornato sulla questione fieristica auspicando la creazione di un evento biennale a Milano.
La ricerca di un’alternativa a Vinitaly non è una novità nel Gaja-pensiero. L’imprenditore piemontese, durante il suo intervento alla conferenza “Wine&Money, prospettiva globale” con cui si è aperto il programma di Vinovip al Forte, ci è arrivato partendo dalla Francia e dalla volontà di Vinexpo di creare una manifestazione a Parigi negli anni in cui non si tiene la mostra a Bordeaux, raccogliendo una precisa esigenza dei produttori di Champagne e di Borgogna. “Vinitaly serve molto a Verona e al Veneto, e fa un gran lavoro di promozione per il vino italiano a estero – ha affermato Gaja – ma dovremmo essere capaci di organizzare un evento diverso, a Milano, ogni due anni. Un evento che possa diventare un mix tra stile di vita e cultura del consumo, e non la solita masterclass o tutto quel che già Vinitaly riesce a fare molto bene. Per riuscirci, inserendo in programma conferenze, filmati e iniziative di alto livello culturale, avremmo bisogno di un ‘regista’ in grado di unire tutti gli interlocutori di questo mondo”.
Quanto al valore del vino, Gaja ha ripercorso le tappe che hanno determinato l’ascesa delle quotazioni dei grandi vini di Langa e di altre denominazioni prestigiose, non senza difficoltà. “Sono stati gli artigiani piccoli a crederci, persone come Biondi Santi, come Mario Incisa della Rocchetta, come Valentini. Non saremo mai in grado di uscire a prezzi più alti dei francesi, ma rispetto alla Francia ora siamo favoriti, perché nell’epoca del cambiamento climatico possiamo disporre del mare, di 8mila chilometri di coste, e il mare è un moderatore delle temperature. Nonostante l’aumento, però, il prezzo medio italiano all’export è ancora troppo basso e dobbiamo farlo crescere”. Da qui l’appello di Gaja a investire in marketing, mossa indispensabile per far crescere l’appetibilità del vino italiano: “Affinché i clienti finali siano disposti a pagarlo di più. E questo vale per tutti i vini, a prescindere dalle fasce di prezzo. Come farlo? Bisogna creare i brand. E bisogna costituire agenzie dirette all’estero, da parte dei grandi player, che a loro volta potrebbero accompagnare all’estero i prodotti dei piccoli artigiani, consolidandone la presenza e facendo crescere la domanda di vino italiano all’estero”.
Infine, Gaja ha lanciato altri tre appelli. Il primo a sostegno dei piccoli produttori: “Liberiamoli dalla burocrazia, perché sono gli artigiani del vino ad aver cambiato il corso della nostra storia. Basti pensare ai vini naturali e all’impatto che stanno avendo sul consumatore”. Il secondo alle cantine sociali: “Dovrebbero vendere meno private label e puntare a costruire i loro brand”. Il terzo al sistema cooperativo: “Devono essere più trasparenti, perché chi riceve sempre denaro pubblico non è virtuoso. Ci diano più elementi di conoscenza”.