La grande marcia del vino italiano rischia di arrestarsi e a wine2wine si è discusso, all’interno di un talk show, sulle ragioni alla base della frenata in atto negli ultimi mesi, a cominciare dalla stasi dell’export nel mercato statunitense dove l’Italia è stata ormai superata dalla Francia. “Il successo di questi ultimi anni ci ha fatto prendere una sbornia – ha detto nel corso dell’incontro di scena a Verona il presidente di Federvini, Sandro Boscaini – forse perché ci eravamo convinti di poter continuare a crescere raccontando storielle isolate, senza centralizzare il racconto del vino italiano”.
I dati riportati da Denis Pantini, responsabile di Nomisma-Wine Monitor, evidenziano in effetti un tasso di crescita dell’export vinicolo di gran lunga superiore alla media degli altri prodotti del made in Italy nel decennio 2006-16, con un balzo generale del 74% e con autentici boom come quello legato al Prosecco, +421% negli ultimi sei anni, accompagnati dalla scoperta dell’enoturismo che ha generato l’escalation di presenze turistiche in aree rurali come Montalcino (+125%), Barolo (+64%) e Valpolicella (+54%). L’Italia del vino, nel periodo considerato, è cresciuta nell’export più del doppio della gioielleria e quasi il quadruplo rispetto all’abbigliamento e al tessile.
Poi però qualcosa si è rotto e in particolare da quest’anno il mercato ha iniziato a presentare il conto. L’Italia in sostanza non sta tenendo il passo della concorrenza, in particolare francese, che cresce a un ritmo superiore e concretizza una possibilità offerta dal commercio internazionale del vino, in crescita del 5% rispetto al 2016, principalmente grazie alle accelerazioni di Russia (+40% nei primi nove mesi) e Cina (+14% a ottobre), mentre negli Usa il balzo dell’8% è tutto a vantaggio dei francesi, che crescono a un ritmo due volte più rapido della media grazie alla rimonta dello Champagne e all’esplosione delle vendite dei rosè de Provence.
“Non riusciamo a fare sistema. E intanto la Francia va compatta, forte di un prezzo medio pari a 5,68 euro al litri contro i 2,64 euro dell’Italia”, ha affermato Matilde Poggi, presidente Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi), auspicando la creazione di un’azienda unica partecipata da pubblico e privato per la promozione del vino italiano nel mondo, replicando il modello dei produttori d’Oltralpe. “C’è sicuramente bisogno di un brand ombrello in grado di vendere il sistema Paese”, ha aggiunto Poggi.
“Sono d’accordo con l’ipotesi di un’azienda unica per la promozione, ma sono fondamentali anche gli accordi bilaterali che vanno sviluppati con l’Unione Europea”, ha replicato Ruenza Santandrea, coordinatrice in ambito vinicolo dell’Alleanza delle cooperative. “Non si più andare in ordine sparso nella promozione, serve una grande manifestazione in Asia dedicata al made in Italy. Un evento così costerebbe meno rispetto a tante altre piccole iniziative”.
Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini, pone l’accento sulle differenze tra Italia e Francia. “Il vino francese è sinonimo di lusso – ha detto Abbona – mentre quello italiano è legato alla classe media, a una clientela che valuta attentamente il rapporto qualità/prezzo. Purtroppo ancora oggi il nostro Paese è una somma di regioni che creano ripartizione e frammentazione di risorse. In questo settore occorre tornare a premiare la meritocrazia: chi non raggiunge gli obiettivi non deve ricevere i finanziamenti”.
Al di là delle posizioni emerse a wine2wine durante il talk show condotto da Paolo Del Debbio, è apparsa evidente la lamentela imprenditoriale nei confronti del ritardo con cui il Mipaaf ha affrontato la questione degli Ocm Vino e Promozione, il cui decreto è stato varato solo in agosto e la cui graduatoria per i 30,5 milioni di budget a disposizione del ministero è arrivata soltanto alla vigilia del ponte dell’Immacolata.