Quantità bloccate, valore in crescita. Ecco i princìpi fissati a livello strategico dai produttori del Prosecco Superiore di Conegliano e Valdobbiadene, la denominazione di origine controllata e garantita (docg) a cui fanno riferimento gli esponenti “collinari” del mondo prosecco in provincia di Treviso. In numeri, la produzione è stabile a circa 90 milioni di bottiglie l’anno, mentre il prezzo medio a bottiglia cresce a una media compresa tra il 6 e il 10 percento. “Oggi siamo attorno ai 6,5 euro a bottiglia come prezzo all’ingrosso, mentre per le produzioni della subzona di Cartizze il prezzo può salire oltre dieci euro”, spiega a Pambianco Wine&Food il presidente del consorzio di tutela, Innocente Nardi.
In generale, si può dire che le aziende che al tempo stesso producono e imbottigliano il Prosecco docg abbiano una situazione più che soddisfacente legata alla marginalità, se si considera che la spumantizzazione delle uve Glera avviene con metodo Charmat e non con il più costoso metodo classico che caratterizza lo Champagne in Francia, ma anche il Trentodoc e il Franciacorta in Italia. Qualche difficoltà in più riguarda gli imbottigliatori puri, che devono acquistare il vino prodotto da altre aziende a prezzi elevati, fino a 6 euro al litro per il prezioso Cartizze sfuso.
I prezzi dei terreni procedono di conseguenza: si parla di almeno mezzo milione di euro a ettaro nell’area di Conegliano-Valdobbiadene e di una forbice tra 1,3 e 2 milioni di euro a ettaro nella subzona di Cartizze, composta da soli 107 ettari. “Si tratta comunque di cifre teoriche – evidenzia Nardi – perché la gente di queste zone tende a non privarsi di patrimoni trasmessi dalle precedenti generazioni. Non è un caso se le ultime operazioni concluse, come ad esempio quelle legate alla vendita di Mionetto e di Ruggeri, hanno riguardato realtà di trasformazione e se la stessa acquisizione di Canevel da parte di Masi Agricola ha escluso buona parte della proprietà dei vigneti”. Verrebbe da pensare che il trend di crescita dei valori all’ettaro sia ancora così alto, da convincere i proprietari delle vigne collinari trevigiane che non conviene affatto vendere: meglio aspettare, perché i valori aumenteranno ancora. “Non la porrei in termini di valore economico – replica però Nardi – perché questo non spiegherebbe il forte legame dei vignaioli al loro territorio. È anche questo legame che determina una ‘non volontà’ di vendere”.
Nardi non si aspetta particolari svolte in questo senso. “Può capitare, per ragioni particolari, un passaggio di mano e siamo al tempo stesso consapevoli di avere addosso gli occhi di grandi investitori, attratti dal successo del Prosecco e dal nostro processo di incremento del valore. Ma il forte sentimento identitario limiterà al massimo le transazioni”. È più probabile, nella visione del consorzio, che si assisterà a partnership tra produttori locali senza brand e marchi che hanno bisogno di inserire nuove referenze di Prosecco per sostenere la vendita all’estero di altre tipologie di prodotto. Un ulteriore impulso al Prosecco Superiore potrebbe arrivare dall’Unesco, a seguito della candidatura dei colli di Conegliano e Valdobbiadene a patrimonio mondiale dell’umanità. Se arrivasse il riconoscimento, comporterebbe un ritorno enorme non solo di prestigio, ma anche in termini di enoturismo, il nuovo business avviato tra i filari con il recupero di casali e borghi abbandonati e limitando al massimo le nuove edificazioni. Si punta infatti a un turismo di qualità e non di massa.
L’Italia si conferma il primo mercato per il Prosecco Superiore docg con una quota del 59% contro il 41% dell’estero, di cui Germania, Svizzera e Gran Bretagna compongono il podio delle destinazioni. “Le vendite sono ben distribuite tra i nostri primi sei mercati esteri, che messi assieme valgono il 70% dell’export. Quanto all’Italia, la gdo assorbe tra il 35 e 37% del prodotto e una percentuale abbastanza omogenea è destinata a horeca e canale grossisti. Possiamo pertanto dire – conclude Nardi – che il grande vantaggio del Prosecco Superiore di Conegliano e Valdobbiadene, oltre alla destagionalizzazione, è quello di essere veicolato ottimamente a livello commerciale”.