Prosciutto di Parma sempre più da esportazione. Il bilancio 2016, presentato nei giorni scorsi dal consorzio di tutela del ‘crudo’ emiliano a denominazione di origine protetta, stima una crescita dell’1,2% del fatturato, che sale a 280 milioni di euro. In termini quantitativi, quello interno si conferma il primo mercato di destinazione con il 68% della produzione assorbita, mentre le esportazioni riguardano il restante 32% su una base complessiva di 8,7 milioni di prosciutti, in aumento del 2,8% rispetto all’ultimo esercizio.
A sostenere il prodotto, spiega il consorzio in una nota, sarebbe stato il “ritrovato equilibrio fra domanda e offerta, che ha contribuito da un lato a una drastica riduzione delle giacenze di magazzino e dall’altro a una significativa ripresa dei prezzi di vendita al settore distributivo”.
La principale curiosità deriva dalla specifica sulle tipologie di prodotto esportato. L’aumento dei prezzi del prodotto in vaschetta ha infatti penalizzato le confezioni preaffettate, il cui andamento nel 2016 è stato stabile, favorendo le esportazioni del prodotto intero (con osso e disossato), il cui incremento è in linea con i risultati degli anni precedenti.
Tra le destinazioni svettano gli Stati Uniti, che mettono a segno un incremento del 7% a quota 623 mila pezzi importati, davanti a una Francia in calo del 4,7% e alla Germania che invece cresce del 3 percento. Tra i mercati emergenti migliorano i dati per la Cina e il Brasile, mentre le sofferenze maggiori riguardano Belgio, Canada, Giappone e naturalmente la Russia, che ha bloccato l’import a seguito delle sanzioni applicate dall’Europa. Il primo mercato del Parma preaffettato è invece la Gran Bretagna, con 1,877 milioni di confezioni.